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domenica 23 settembre 2012

Frozen Tears - Nights Of Violence



Etichetta: My Graveyard Productions
Anno: 2007
Durata: 49:34 min.
Genere: Heavy Metal

I fiorentini Frozen Tears sono ormai una garanzia, poche storie, e con questo disco nuovo di zecca lo confermano alla grande compiendo ancora un altro passo avanti rispetto al già buon “Metal Hurricane”, il precedente CD e l’unico altro che possiedo e ho ascoltato (ma non credo di essere il solo purtroppo, vista la scarsissima reperibilità delle prime due uscite, per la sudamericana Megahard), che risaliva ormai al 2004.

Si nota subito, oltre alla solita bella copertina e in generale alla cura e ricchezza del booklet (come per altre uscite dell’emergente My Graveyard Productions, del resto), un suono ancor più compatto e curato che in precedenza, senza per questo rinunciare comunque alle chitarre affilate né all'eccellente nitidezza generale, che permette ad ogni strumento di farsi sempre notare anche nelle varie finezze e passaggi più intricati sparsi qua e là. Ma anche in questo caso parliamo, non per nulla, di una garanzia assoluta del campo ormai, ovvero i Fear Studio di Ravenna.

Anche lo stile, pur rimanendo saldamente ancorato a stilemi di puro heavy classico con in particolare una predilezione per gli “Dei” Judas Priest, in questo nuovo lavoro amplifica anche alcune altre influenze (ammesso che non fossero già patrimonio del gruppo nei primi due dischi, a me ignoti ripeto), già accennate in certi brani e passaggi del precedente; ad esempio alcuni riff, ritmiche e accelerazioni assimilabili a qualcosa del miglior power-speed degli anni ’90, alla Gamma Ray, per fare un nome su tutti, avvertibili nell’ottima “Heart Of Stone”, per dirne una.

Da notare anche e soprattutto, a mio parere, un netto miglioramento nella cura delle linee vocali - e un po’ anche della prova stessa del cantante, davvero sempre meglio col passare del tempo - che ora risultano, paradossalmente, sia più lineari e immediate sia più “profonde” e longeve, davvero riuscite.

Il disco si apre alla grande con “Instability”, che dopo una specie di breve intro parte con un riff molto classico e orecchiabile, tra Judas e Accept, senza per questo risultare comunque banale o stantio, e si sviluppa successivamente in una bella cavalcata tra mid e up-tempo, con Alessio subito padrone della scena con la sua voce roca, corposa e carismatica. Da notare in generale per questo disco un minor uso di puro screaming, se non principalmente in sovrapposizione/backvocals e in alcune strofe di qualche brano tipo “Who Am I?” ma, come dicevo sopra, tutto a vantaggio di maggiore corposità, carisma e linearità/orecchiabilità di tutte le melodie. Le chitarre di Leonardo e Lapo sono come al solito sempre precise e affilate e scorrazzano sul supporto solidissimo e altrettanto preciso della sezione ritmica di Massimiliano e Giovanni (rientrante ex-drummer della band, presente già nel loro secondo disco). 

“Queen of Solitude” si presenta più rockeggiante, con alternanza tra strofe dove le chitarre lasciano per un attimo il campo solo a voce e sezione ritmica abbastanza “leggera”, ed esplosioni molto trascinanti e anthemiche, senza ovviamente farsi mancare riuscitissimi soli, sempre azzeccati, precisi, con un ottimo suono e perfettamente integrati in ogni parte.

Della terza “Heart of Stone” ho già accennato, si tratta di uno dei migliori pezzi secondo me, con “iniezioni” power-speed davvero esaltanti sotto il ritornello, doppia cassa lanciata al galoppo più del solito senza risultare in ogni caso troppo invadente ma anzi perfetta per il tipo di pezzo, e in ogni caso lontano da strofe o ritornello e capace anche delle variazioni che si possono sentire abbondantemente pure nel resto del disco. Ottima di nuovo anche qui la parte solista.

Direi che è un po’ inutile e anche noioso da leggere continuare con un track-by-track fino in fondo, basta rimarcare che il livello è sempre alto con forse solo un leggero calo nel finale, per esempio gli ultimi due pezzi propri prima della cover finale di “Run If You Can” degli Accept, ma sempre in ogni caso sopra la sufficienza piena senza problemi. Cito solo la sparata “Stories”, altro ottimo pezzo, uno dei più immediati e d’impatto tra l’altro, con un ritornello più evocativo ed “epicheggiante” del solito e degli stop’n’go/licks di chitarra sparsi qua e là (tanto brevi quanto esaltanti e azzeccati) per variare il tutto al meglio e ovviamente eseguiti ancora una volta perfettamente.

La citata cover finale di “Run If You Can” dello storicissimo gruppo tedesco è resa alla grande, giusto compromesso tra fedeltà di fondo (nel ritornello soprattutto) e personalizzazione, tanto che risulta davvero perfettamente inserita nel disco e sono convinto che se uno non sapesse che è una cover altrui non troverebbe nulla di strano, nessuna incoerenza nel filo rosso che attraversa tutto il disco e che potrebbe far sospettare non sia appunto un brano loro; che poi sarebbe il modo in cui dovrebbero sempre essere eseguite le cover, stando al significato originale del termine, cioè fare davvero tuo un brano scritto e inciso da altri.

Il consiglio per chi legge è sempre lo stesso: se amate l’heavy classico più puro ma il giusto attualizzato (in senso buono, non di modernista e simile, ma spero si sia capito bene dalla recensione), in perfetto equilibrio tra tradizione e una propria personalità ormai innegabile, prodotto in maniera ultra-professionale ma soprattutto composto ed eseguito ad alti livelli (diciamo pure come è raro da trovare oggi nel campo, soprattutto nelle band più o meno emergenti, che spesso puntano più alle pose, al look e ai proclami di "truezza", che all'applicarsi davvero al massimo alla musica), questa band fa per voi; richiedete il (anzi, “i”) CD a scatola chiusa e non ve ne pentirete di certo. E non perdeteveli dal vivo se vi capitano a tiro, perché anche in quell'ambito sono davvero notevoli.

Voto: 8.5/10 (con i ripetuti ascolti di entrambi, contrariamente a quanto affermavo nelle prime righe al tempo della scrittura della recensione, ho cambiato idea ritenendo nel complesso un pochino superiore il precedente, "Metal Hurricane" appunto, e miglior disco che avessero fatto prima dell'ultimo "Slaves". Ma per il resto non cambia ovviamente niente di quanto affermato né il voto numerico, perché anche questo rimane un grande album)

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(originariamente scritta per e pubblicata nella sezione recensioni del forum "Granducato di Metallo", i primi mesi del 2007 poco dopo l'uscita del disco) 

 Alessio Casciani

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